Cristoforo Colombo

Testo Cristoforo Colombo:

E’ gia stanco di vagabondare sotto un cielo sfibrato

per quel regno affacciato sul mare che dai Mori è insidiato

e di terra ne ha avuta abbastanza, non di vele e di prua,

perché ha trovato una strada di stelle nel cielo dell’anima sua.

Se lo sente, non può più fallire, scoprirà un nuovo mondo;

quell’attesa lo lascia impaurito di toccare già il fondo.

Non gli manca il coraggio o la forza per vivere quella follia

e anche senza equipaggio, anche fosse un miraggio ormai salperà via.

 

E la Spagna di spada e di croce riconquista Granata,

con chitarre gitane e flamenco fa suonare ogni strada;

Isabella è la grande regina del Guadalquivir

ma come lui è una donna convinta che il mondo non pùo finir lì,.

Ha la mente già tesa all’impresa sull’oceano profondo,

caravelle e una ciurma ha concesso, per quel viaggio tremendo,

per cercare di un mondo lontano ed incerto che non sa se ci sia

ma è già l’alba e sul molo l’abbraccia una raffica di nostalgia.

E naviga, naviga via

verso un mondo impensabile ancora da ogni teoria

e naviga, naviga via,

nel suo cuore la Niña, la Pinta e la Santa Maria.

 

E’ da un mese che naviga a vuoto quell’Atlantico amaro,

ma continua a puntare l’ignoto con lo sguardo corsaro;

sarà forse un’assurda battagli ma ignorare non puoi

che l’Assurdo ci sfida per spingerci ad essere fieri di noi.

Quante volte ha sfidato il destino aggrappato ad un legno,

per fortuna che il vino non manca e trasforma la vigliaccheria

di una ciurma ribelle e già stanca, in un’isola di compagnia.

 

E naviga, naviga via,

sulla prua che s’impenna violenta lasciando una scia,

naviga, naviga via

nel suo cuore la Niña, la Pinta e la Santa Maria.

 

Non si era sentito mai solo come in quel momento

ma ha imparato dal vivere in mare a non darsi per vinto;

andrà a sbattere in quell’orizzonte, se una terra non c’è,

grida: “Fuori dal ponte compagni dovete fidarvi di me!”

Anche se non accenna a spezzarsi quel tramonto di vetro,

ma li aspettano fame e rimorso se tornassero indietro,

proprio adesso che manca un respiro per giungere alla verità,

a quel mondo che ha forse per faro una fiaccola di libertà.

 

E naviga, naviga là

come prima di nascere l’anima naviga già,

naviga, naviga ma

quell’oceano è un acquario di sogni e di sabbia

poi si alza un sipario di nebbia

e come un circo illusorio s’illumina l’America.

 

Dove il sogno dell’oro ha creato

mendicanti di un senso

che galleggiano vacui nel vuoto

affamati d’immenso.

Là babeliche torri di cristallo

già più alte del cielo

fan subire al tuo cuore uno stallo

come a un Icaro in volo

Dove da una prigione a una luna d’amianto

“l’uomo morto cammina”

dove il Giorno del Ringraziamento

il tacchino in cucina

e mentre sciami assordanti d’aerei

circondano di ragnatele

quell’inutile America amara

leva l’ancora e alza le vele.

 

E naviga, naviga via

più lontano possibile

da quell’assorbente bugia

naviga, naviga via

nel suo cuore la Niña, la Pinta e la Santa Maria

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